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Market review n.24 2019

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È stato un anno impegnativo per l’economia globale il 2019, e il 2020 non si prospetta affatto più facile. E’ largamente diffusa una stima della crescita globale del PIL nel 2020 che dovrebbe rimanere stazionaria intorno ad un valore del 3,0% , che segnerebbe il ritmo più lento di crescita dalla recessione globale del 2008 e del 2009.
Diversi aspetti influiscono negativamente in questi outlook : fattori settoriali, industriali e geografici si combinano per frenare la crescita dell’economia globale.
L’area di debolezza più marcata è senz’altro causata dal settore industriale, con una produzione industriale in contrazione negli ultimi mesi per molte economie chiave, tra cui l’Eurozona, il Giappone, il Regno Unito e il Canada. In effetti, la crescita dell’attività industriale si è anche trasformata in una crescita negativa negli Stati Uniti, e rimane solo per il momento marginalmente positivo per il mondo nel suo complesso. Anche in questo caso il trend si sta avvicinando al valore di crescita zero come non accadeva dall’ultima recessione del 2008.
I sondaggi di fiducia orientati al futuro non sono particolarmente incoraggianti al momento e, per il momento indicano una continua contrazione della produzione manifatturiera nelle principali economie. Uno dei fattori chiave a contribuire alla crisi industriale è stata la prolungata e persistente escalation delle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti, con una serie di cambiamenti sulle politiche tariffarie causate da continue ripercussioni che sono state attuate da entrambi i paesi nel corso degli ultimi trimestri. Non solo gli aumenti delle tariffe hanno avuto un effetto diretto sull’attività commerciale globale: in settembre il volume delle esportazioni globali è diminuito dell’1,4% rispetto all’anno precedente, rispetto a un aumento del 5,5% nell’ottobre 2018, ma con un’elevata incertezza sugli scambi commerciali gli sviluppi hanno avuto un’influenza restrittiva sulla spesa per gli investimenti. Queste incertezze legate al commercio si stanno aggiungendo a contesti locali che in molti paesi sembrano già meno favorevoli. Con il calo della disoccupazione in diversi Paesi, si è registrata una ripresa diffusa della crescita dei salari in molte regioni, tanto che i costi unitari del lavoro stanno aumentando più rapidamente delle tendenze inflazionistiche degli indici di consumo sottostanti, lasciando intravedere una potenziale pressione sui margini. In effetti, vari indici di crescita della redditività delle imprese si sono indeboliti negli ultimi trimestri negli Stati Uniti, in Giappone, nel Regno Unito e nell’Eurozona. In assenza di una ripresa della produttività che aiuti a ripristinare i margini o di uno shock positivo della domanda che porti ad un aumento delle vendite, la diminuzione della redditività aziendale potrebbe vedere la crescita degli investimenti rallentare ulteriormente (pur in presenza di bassi tassi di interesse) e mantenere il settore manifatturiero in territorio recessivo.

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