Il primo turno francese sembra aver portato alla luce una probabile soluzione in Macron. Il candidato favorito per il secondo turno ha servito nel governo socialista ed ha militato nel partito di Hollande, anche se il programma che mette in campo sembra essere piuttosto di centro-destra. Sembra quindi per ora scomparsa l’incertezza politica in Francia e il mercato azionario europeo festeggia il momento. Anche l’euro ha risentito delle rassicurazioni che arrivano dalla Francia con un rafforzamento generale e rispetto al dollaro.
Nel frattempo Trump sembra aver perso consensi e, vedendo scadere le prime valutazioni dopo soli 100 giorni, vuole accelerare la rivoluzione fiscale promessa durante le elezioni. Per farlo ha ordinato ai suoi consiglieri di ridurre le imposte sulle imprese dal 35% al 15%. Tale promessa, a detta di molti è già scontata nel mercato, rischia di vedere un deficit crescente e di non generare nessuna crescita sostenibile. Il segretario del Tesoro Steven Munchin ha assicurato che la crescita indotta non porterà a nessun deficit (forse troppo ottimista). Intanto Trump continua la sua riforma della politica commerciale, annunciando dazi sul legname da costruzione canadese. Molto bolle in pentola, compresa l’incertezza della Terza Guerra Mondiale “a pezzi”.
Sul piatto rimane ancora il massiccio programma di acquisti con cui tutte le economie si sono confrontate dal 2008. Gestire il rientro dai programmi di acquisto non sarà per niente facile ma, normalizzare la politica monetaria servirà per affrontare le eventuali crisi future.
Basti pensare a tal proposito che le misure straordinarie sono una buona parte dei 13 mila miliardi delle banche centrali maggiori (BCE, FED e BOJ). La FED è la prima banca centrale a svolgere tale compito, riducendo il reinvestimento dei titoli man mano che raggiungono la scadenza. Per capire i rischi che questo comporta basti pensare ai numeri: La Fed in particolare, porterà a scadenza 426 miliardi di Treasuries nel 2018, mentre altri 357 miliardi seguiranno nel 2019. Nel 2013 la Taper Tantrum aveva provocato un rialzo dei rendimenti dei titoli di stato americani dall’1,6% a oltre il 3%, quando Ben Bernanke aveva dato segno di voler introdurre una riduzione nell’acquisto di titoli del Tesoro Usa. Potrebbe accadere di nuovo? Per evitare il presentarsi di tale situazione le banche centrali dovranno preparare per bene il terreno, essere molto caute nel ritmo di riduzione degli acquisti e potranno sostituirsi a volte ai rialzi dei tassi.
Nel frattempo, dopo le elezioni francesi anche la BCE per bocca di Draghi promette una normalizzazione dei piani di acquisto.