Continua anche nelle urne inglesi la vittoria dell’Europa, con la prima ministra Theresa May ridimensionata. A questo punto, scampato il pericolo di derive populiste in Austria, Olanda, Francia ed in Italia proprio a seguito del mancato accordo sulla legge elettorale, si allontana la “miccia politica” della prossima crisi. Questa possibilità veniva messa come una delle prime cause di cigno nero da parte delle principali banche d’affari USA. La Gran Bretagna ha visto infatti una brusca frenata della sua economia nel primo trimestre e, ora forse l’opinione pubblica si è resa conto che un incertezza prolungata potrebbe diventare insostenibile. Nel frattempo la sterlina sta vivendo un nuovo indebolimento, andando a rivedere livelli da post Brexit. Un dato curioso è stato nel 2016 anche la corsa alla richiesta di cittadinanza tedesca da parte dei cittadini britannici (+361% rispetto al 2015). In questi giorni, ad attirare l’attenzione economica sono state il petrolio e la sua volatilità accentuata e l’euro, con il suo rafforzamento. Gli investimenti nelle aziende europee e, come detto sopra, la nuova situazione politica sembrano per ora farci dimenticare i fattori che evidenziavano la crisi della moneta unica. Secondo lo strategist di Deutsche Bank George Saravelos qualcosa di strano è successo da inizio anno. I modelli di correlazione della banca, che includono differenziali di tasso di interesse, la performance del mercato azionario e lo spread dei PIGS, generano uno stato di allerta. Questo testimonia un certo interesse da parte degli investitori esteri in azioni ed obbligazioni in euro (senza copertura di cambio); se questo può essere vero nel breve periodo, secondo Saravelos la forza dell’euro pone una certa preoccupazione nel caso che il mercato avesse un aumento della volatilità.
Più in generale, secondo Bill Gross i mercati sono tutti sopravvalutati e sarà sempre più difficile trovare opportunità di investimento, anche se per ora non si vede come questa bolla possa scoppiare. Nel frattempo i prezzi alla produzione (Core Producers Prices) USA hanno raggiunto il livello del 2.1%, sopra il livello target della Fed, nonostante la debolezza del petrolio, grazie alla crescita dei prezzi del terziario. Il dato controbilancia la deflazione creata dai salari stagnanti. Questo potrebbe sottendere un aumento dei rendimenti dei titoli di stato americani e ulteriori rialzi (oltre a quelli promessi) da parte della Fed. Anche il ministro delle finanze Schauble al Bloomberg Germania G-20 Day conference a Berlino chiede a gran voce la fine della politica della BCE, dichiarando che “La Federal Reserve ha già iniziato questo processo e anche la BCE dovrebbe seguire questa strada”. Il ministro ha affermato che la politica monetaria non convenzionale ha generato “un indebito aumento dei rischi, compiacenza politica, mislocalizzazione di capitale e bolle di prezzi di asset” e “continuerà a farlo se non viene invertito nel tempo “. Per essere più chiaro ha poi dichiarato che “Dobbiamo eliminare la politica monetaria attuale in modo tempestivo e tornare ad una curva (dei rendimenti ndr) più normale”. Alla fine comunque ha prevalso una nota di realismo, affermando che “è ancora più difficile per la BCE reagire”, in quanto si trova davanti a sfide derivanti da “una costruzione molto difficile dell’unione monetaria.
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