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Partecipate promosse in un contesto instabile Intervista a Massimo Mondazzi, Chief Financial Officer ENI SpA

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Teme gli effetti della riduzione del rating del debito sovrano italiano che molti analisti considerano come probabile?
Per un gruppo industriale come Eni, qualificato “Government related entity” dalle Agenzie, un contesto finanziario instabile non è ottimale. È pur vero però che anche in questo contesto S&P ci ha promossi ad A- riconoscendo la solidità del nostro bilancio e le migliorate prospettive di business. E non più tardi di un mese fa siamo tornati ad emettere obbligazioni sul competitivo ed esigente mercato americano, registrando una domanda 5 volte superiore all’offerta. Quindi spero fino all’ultimo che un downgrade dell’Italia non arrivi, ma come Eni ci siamo organizzati al meglio per rispondere ad ogni evento negativo.

 Nonostante l’andamento negativo dell’indice di borsa di Piazza Affari il titolo ENI è ai massimi degli ultimi tre anni: merito del prezzo del petrolio?
È indubbio che la crescita dei prezzi del petrolio e le migliorate prospettive di mercato stiano contribuendo. Ma è anche vero che una performance borsistica da inizio anno migliore di quella di Shell, BP, Exxon, Chevron e allineata a quella di Total denota la presenza di qualcosa in più. E io penso che questo qualcosa sia quanto Eni ha fatto negli ultimi tre anni di prezzi molto bassi, anni in cui i business in portafoglio sono stati rafforzati, le prospettive di crescita ulteriormente sviluppate ed il bilancio addirittura rinforzato nonostante il contesto negativo. Tutto questo ha fatto sì che ci trovassimo nella migliore condizione per approfittare dell’attuale ripresa dello scenario.

Negli ultimi anni ENI ha conseguito plusvalenze eccezionali cedendo quote di progetti energetici di sviluppo di grande successo. Proseguirà così in futuro?
E’ vero, negli ultimi anni abbiamo realizzato attraverso una politica di portafoglio molto attiva vendite di assets per circa 11 miliardi di euro conseguendo plusvalenze di circa 9 miliardi. Ma quanto più conta è che tali risultati, che hanno sicuramente contribuito a ridurre il nostro grado di indebitamento pur in presenza di prezzi depressi di mercato, non sono stati ottenuti a discapito delle prospettive di crescita futura. Non ci siamo venduti i “gioielli di famiglia”. Abbiamo al contrario sviluppato un nostro punto di forza, ovvero la capacità di scoprire nuove riserve di idrocarburi, su cui abbiamo scommesso in eccesso rispetto alle nostre necessità di crescita per poi rivendere, a scoperta avvenuta, il surplus. La reattività di un’azienda in momenti depressi di mercato si misura dalla capacità di trovare al proprio interno nuove idee. E devo dire che nella nostra industria questo di Eni è stato l’esempio più creativo e di successo tra tutti quelli registrati, e in quanto di successo cercheremo di replicarlo anche in futuro.

 ENI ha una grande conoscenza di mercati emergenti che – sotto il profilo dei mercati – sono in sofferenza. Come un grande gruppo gestisce una fase come questa?
Con responsabilità. È sicuramente vero che il gap dei Paesi emergenti si sta ampliando, specialmente in Africa, invece che restringersi. Per questo chi opera in tali Paesi deve rappresentare un ponte per equiparare gli scambi economici in entrata ed in uscita e fare in modo che questo trend si inverta. Noi cerchiamo di farlo in molti modi, ma uno su tutti è apportando la nostra tecnologia e i nostri capitali per produrre gas che poi lasciamo nei Paesi in via di sviluppo in cui operiamo. Circa il 50% della nostra produzione totale di idrocarburi è gas e la quasi totalità di tale produzione è destinata al consumo e alla produzione di energia dei Paesi ospitanti che hanno così una fonte primaria per il loro sviluppo industriale e per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Ricordo anche che il gas è, tra le fonti tradizionali, quella più sostenibile per eccellenza e nei Paesi africani va a sostituire l’olio combustibile e le biomasse, molto più inquinanti. Tutto questo in attesa di uno sviluppo più diffuso della generazione da fonti rinnovabili, su cui anche noi stiamo lavorando.

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