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Fundraising a rischio Intervista a Fabio Sattin, Presidente Esecutivo e Socio Fondatore di Private Equity Partners SGR S.p.A.

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Quanto il quadro politico attuale, lo scontro con la UE ed il downgrading incidono sul Private Equity in Italia?
Tutti questi fattori avranno senza dubbio un’incidenza sul Private Equity nel nostro Paese. In particolare, per quanto riguarda l’attività di fundraising e, in generale, di attrazione degli investitori esteri in Italia, questo quadro di tensione e di incertezza può impattare molto negativamente sugli investimenti in Private Equity. Il ruolo degli investitori stranieri è stato (ed è) fondamentale per lo sviluppo del Private Equity nel nostro Paese. Allontanarli sarebbe molto negativo e quest’ipotesi è purtroppo oggi estremamente concreta.

I fondi di Private Equity esteri hanno avuto una crescita della raccolta del 55% in più nel primo semestre. Come prevede evolverà la situazione?
In generale negli ultimi due anni il settore del Private Equity ha goduto di una notevole quantità di risorse a disposizione, che secondo le statistiche hanno superato sia il livello degli investimenti che quello dei disinvestimenti. Questa situazione potrebbe portare, come già avvenuto in passato, a un aumento dei prezzi delle transazioni e quindi, inevitabilmente, a un possibile minore ritorno prospettico. E questo possibile minore ritorno porterà necessariamente a un decremento delle risorse messe a disposizione del settore. È già stato così più volte in passato ed è abbastanza probabile che questo possa accadere nuovamente.

Quali i settori da privilegiare neI prossimi anni in Italia?
L’Italia ha una struttura industriale manufatturiera estremamente solida e fatta da ottimi imprenditori. Quindi, oltre ai settori tradizionalmente percepiti come eccellenze italiane come la moda, il design o l’alimentare, ritengo ci possano essere molte altre realtà interessanti, ad esempio, nei campi della meccanica o dei servizi. Tuttavia l’elemento che oggi tutti gli investitori ritengono fondamentale è la propensione internazionale e la volontà di effettuare una decisa crescita dimensionale, magari anche attraverso acquisizioni. Dunque, più che di settori parlerei di società che hanno delle strategie chiare definite su entrambi questi essenziali aspetti.

Private Equity Partners è tra i leader nel panorama del Private Equity e Venture Capital italiano. Ci racconti la vostra strategia.
Operiamo sul mercato italiano da quasi trent’anni, abbiamo fatto decine di operazioni, sia di minoranza che di maggioranza, molte delle quali hanno avuto come obiettivo finale la quotazione in Borsa. Da sempre il nostro è un approccio molto partecipativo di affiancamento agli imprenditori e/o al management, a supporto di una strategia di sviluppo che veda nella internazionalizzazione e nella crescita dimensionale il proprio obiettivo principale. Se dopo quasi trent’anni siamo ancora sul mercato più operativi che mai vuol dire che, oltre a essere stati fortunati, il nostro tipo di approccio è stato ed è tuttora apprezzato sia dagli imprenditori che dagli investitori. Intendiamo quindi proseguire per questa strada allargando anche ai nuovi strumenti di investimento oggi a disposizione dell’attività di Private Equity, quali ad esempio Club Deals, Spacs, Co-investment agreements, e altri emergenti, ancora più innovativi e molto interessanti.

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