A partire dalla prossima settimana si entrerà nel vivo della nuova earnings season, cosa si aspetta sotto questo profilo?
La crescita sia in Europa sia negli Stati Uniti è solida ed è ragionevole attendersi risultati soddisfacenti per il primo trimestre. E’ necessario considerare che queste previsioni sono già riflesse negli attuali valori di mercato e, soprattutto sul mercato americano, riteniamo poco probabile che l’ufficializzazione di risultati positivi possa alimentare ulteriori rialzi significativi dagli attuali livelli.
Cosa la preoccupa dei riflessi sui mercati finanziari della situazione politica italiana?
L’attuale fase di lenta evoluzione che caratterizza il periodo post elettorale in Italia, per il momento, non sta influendo negativamente in modo significativo sul sentiment del mercato e sull’andamento dei nostri titoli di debito governativi, ciò principalmente per due fattori. Nessuna delle forze politiche ha mostrato una seria opposizione nei confronti di una politica di bilancio rigorosa e la volatilità complessiva del reddito fisso rimane contenuta premiando i nostri governativi grazie ai rendimenti più elevati che offrono. Sarà essenziale valutare l’operato del nuovo governo nelle prime relazioni con Bruxelles per poter stimare effetti di medio periodo che auspichiamo non debbano far emeregere motivi di preoccupazione.
La minacciata guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina ritiene avrà riflessi sulla crescita dell’economia e sulla volatilità dei mercati?
Al momento le tensioni nel commercio internazionale e la salita dei rendimenti americani rappresentano i due fattori da cui è derivata la maggiore volatilità dei mercati di quest’anno. Se i contrasti tra US e Cina si trasformassero in una vera guerra commerciale la crescita globale ne risentirebbe significativamente. Tuttavia nelle ultime settimane sono pervenuti, soprattutto dal Governo cinese, segnali di distensione e volontà di comporre la crisi attraverso strade negoziali. Riteniamo inoltre che l’amministrazione Trump sia consapevole che l’imposizione di tariffe non risolverebbe il problema del deficit di bilancia commerciale, esso infatti è riconducibile anche alla sostenuta domanda interna, che le recenti misure fiscali espansive hanno contribuito ad aumentare.
Come ci si prepara ad affrontare la fine progressiva del quantative easing della BCE?
Le attuali condizioni di crescita in Eurozona non giustificano più una politica monetaria ultra espansiva. La BCE sta preparando il mercato all’uscita dal QE procedendo con estrema gradualità e quindi è lecito attendersi una risalita dei tassi in Eurozona abbastanza progressiva: le condizioni finanziarie resteranno ancora accomodanti per gran parte del 2019 e gli impatti reali conseguenti alla fine del programma di acquisti saranno inizialmente contenuti. Più importante potrebbe essere l’avvicendamento alla guida della BCE previsto per il prossimo anno, che obbligherà i mercati e il settore del credito ad adeguarsi ad una potenziale diversa impostazione nella conduzione della politica monetaria europea.