L’annuncio dell’introduzione dei dazi da parte di Trump ha già avuto un impatto negativo sui mercati finanziari. Dal vostro osservatorio privilegiato come considerate la questione? E’ questo l’unico modo per gli Stati Uniti per ridurre l’abissale deficit commerciale con la Cina?
Se le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina evolvessero in una vera e propria guerra commerciale, le conseguenze negative si sentirebbero rapidamente non solo sugli interscambi e sul PIL mondiale (che potrebbe perdere l’1%, secondo previsioni Bce), ma trascinerebbe al rialzo i prezzi delle importazioni per effetto dell’aumento delle tariffe, mentre i prezzi al consumo e la crescita degli stipendi invece calerebbero poiché gli effetti di una domanda più bassa e di un maggior tasso di disoccupazione tenderebbero a prevalere sia negli Stati Uniti che globalmente. Il protezionismo locale creerebbe incertezza globale proprio nella fase in cui le banche centrali hanno iniziato a rimuovere le misure straordinarie di politica monetaria post crisi.
In questo contesto Jerome Powell ha debuttato alla Federal Reserve con un rialzo dei tassi di interesse di un quarto di punto anticipando altri ritocchi prima della fine dell’anno. Conseguenze per l’Europa?
La Federal Reserve ha sì aumentato i tassi ma con cautela, non significa un ritorno alla “normalità” della risalita dei rendimenti che, anzi all’indomani della decisione di alzare i tassi ufficiali, sono diminuiti sul mercato finanziario. Powell vede un progressivo rallentamento della crescita USA, sotto l’obiettivo del 3% dell’Amministrazione Trump. Secondariamente, si prevede in USA un tasso d’inflazione stabile all’obiettivo del 2 per cento, con una revisione al ribasso del tasso di disoccupazione. Questo esercita anche sulla Banca centrale europea prudenza, consapevole sia della fragilità dell’euro sia che la domanda interna rimane fortemente dipendente dalle condizioni internazionali, in particolare dal cambio euro – dollaro (la moneta USA ha perso il 10% in un anno) e dalla minaccia della sopramenzionata guerra commerciale. Questa cautela denota l’incertezza di fondo prodotta dalla grande incognita sui mercati: le politiche dei Governi, sia negli Stati Uniti, per la contraddizione tra annunci protezionistici e realtà, sia in Europa dove la moneta unica avrebbe bisogno di una più lungimirante “politica” economica e di riforme.
L’incertezza politica in Italia peserà sulla ripresa economica in atto?
All’indomani delle elezioni molti osservatori si aspettavano turbolenze, ma molti rapporti delle banche d’affari e degli analisti hanno tranquillizzato gli operatori in quanto lo stallo di incertezza politica per l’Italia in fondo viene vista come una “normalità”. I mercati finanziari aspettano di vedere quale sarà la formazione di governo e quale sarà il programma. Intanto, rimangono in una fase di osservazione compiacente, che certamente non durerà a lungo. Se le incertezze sulla formazione del governo dureranno, i risvegli bruschi dei mercati sono possibili, attraverso un’asta di titoli pubblici insoddisfacente o con turbolenze di Borsa. Sullo sfondo, rimangono le scelte fondamentali che la politica italiana deve assumere per superare le anomalie del nostro paese che da circa un quarto di secolo registra i tassi di crescita più bassi: ossia una decisa e continuativa politica di riforme, una riduzione irreversibile del debito pubblico, per affrontare le sfide della globalizzazione, dell’innovazione tecnologica e della moneta unica.
Fondazione ha svolto negli anni un ruolo di sviluppo per il sistema fieristico milanese: quali le nuove sfide che la Fondazione si pone nei confronti del territorio anche in rapporto con i suoi Stakeholders?
Fondazione Fiera Milano è stata uno dei primi “motori” dello sviluppo economico ed urbanistico della città, quando nel 2002 furono avviati i lavori per la costruzione della Fiera a Rho e contemporaneamente partirono le operazioni per la riqualificazione dell’area storica cittadina del quartiere fieristico. Riguardo al futuro, la Fondazione ha, tra i suoi obiettivi strategici, il potenziamento del ruolo di Fiera Milano SpA, attraverso una serie di investimenti che andranno ad aumentare la competitività dell’azienda a livello internazionale e nazionale, nonchè la sostenibilità delle infrastrutture fieristico-congressuali. Come investitore di lungo periodo, Fondazione Fiera Milano, in parallelo al supporto dell’attività fieristica, intende valorizzare il territorio con interventi in specifici settori quali: il sociale, l’accessibilità e la mobilità, le energie rinnovabili, la tecnologia-ICT, l’innovazione e R&D, l’arte, la cultura, lo sport e il turismo.