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Market review n.05 2018

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La decisione di Donald Trump di introdurre dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio, rispettivamente al 25% e al 10%, ha innescato reazioni ostili all’estero ma anche negli Stati Uniti con le dimissioni in segno di protesta del consigliere economico Gary Cohn. Alla fine, Canada e Messico sono stati esentati e altri paesi potrebbero ancora chiedere lo stesso trattamento. Questo appare come un piccolo passo indietro senza perdere la faccia su una decisione con scarso supporto nel paese, anche tra gli stessi produttori di acciaio degli Stati Uniti.
Tuttavia se Trump dovesse espandere le sue misure restrittive sui liberi scambi, il rischio che possa ulteriormente far scoppiare i mercati potrebbe in effetti aumentare. La situazione, a detta di molti operatori dei mercati finanziari tra cui certamente spicca Daniel Pinto co-presidente di JP Morgan, inizia a delinearsi come l’inizio di un ciclo molto nervoso. In una recente intervista ha infatti apertamente lasciato intendere che si apre un ciclo nervoso per tutto ciò che riguarda l’inflazione e per tutto ciò che riguarda la crescita, di conseguenza è possibile aspettarsi una grossa correzione alla fine di questo ciclo di 2-3 anni. Goldman Sachs dal canto suo si è spinta ben più in là con le previsioni, affermando che un picco nei rendimenti dei Treasury decennali statunitensi potrebbe causare un calo del 20%-25% dei corsi azionari entro la fine dell’anno. E’ pur sempre vero che questi annunci di forti correzioni ai mercati, quando fatti così apertamente sono già in un certo modo superati, e in ogni caso ricorrono puntualmente in fasi di rialzo progressive.
In Europa, la conferenza stampa di Mario Draghi dopo la riunione della BCE ha teso a rassicurare gli investitori, anche se la posizione della banca si era rivelata un po’ meno accomodante. I risultati delle società hanno continuato a sorprendere al rialzo anche se già i dati economici sembravano indicare che l’Europa si sta stabilizzando, certamente su un livello elevato dei corsi dei titoli azionari. L’incertezza politica in seguito ai risultati elettorali italiani è stata in gran parte attenuata dai mercati e le azioni italiane hanno realizzato una sovra performance nel corso della settimana. La BCE ha aumentato le sue previsioni di crescita per il 2018 dal 2,3% al 2,4%, anche se l’inflazione sottostante rimane debole; da qui la sua decisione di continuare con la sua accomodante politica monetaria.
Il mercato del credito in Europa ha iniziato la settimana in scia ad un forte attenuamento dei rischi politici, in virtù della buona notizia arrivata dalla Germania, dove il 66% dei delegati SPD ha votato a favore della coalizione CDU/CSU. Mentre le notizie meno rassicuranti provenivano proprio dall’Italia, dove vi è stata una netta affermazione dei partiti considerati populisti dall’opinione pubblica. La formazione di un nuovo governo a Roma comporterà necessariamente tempi lunghi e complessi colloqui, ma il calo dei mercati del credito è stato relativamente mite nei giorni immediatamente successivi a questa turnata elettorale. Non vi sono stati neppure segni di contagio per altri mercati, in quanto gli investitori hanno di fatto interpretato i risultati delle elezioni italiane come una questione circoscritta localmente, piuttosto che con conseguenze anche a livello europeo, nonostante le preoccupazioni alla vigilia delle elezioni.

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