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“Roboadvisor? Uno strumento che non spiazza il consulente” Intervista a Maurizio Bufi, Presidente di Anasf

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Le reti si stanno strutturando per l’entrata in vigore della MiFID 2 con cambiamenti per l’attività del consulente finanziario. Secondo il Financial Times però tale professione scomparirà entro vent’anni. Come reagisce a questa “provocazione”?

Il FT stressa la questione dell’avvento della tecnologia nel campo delle scelte di investimento, che si sostituirebbe al professionista persona fisica. Essa, tuttavia, per quanto possa disintermediare la prestazione, non potrà mai sostituirsi integralmente al fattore umano-professionale, che è una caratteristica tipica della relazione tra consulente e risparmiatore.

Come si pone il consulente finanziario nei confronti dei “roboadvisor”?

Il rapporto tra consulenti finanziari e roboadvisor si affermerà verosimilmente in un rapporto dì complementarietà. Anche qui, torna la questione tra uomo e macchina, ma applicata al nostro ambito, occorre innanzitutto distinguere tra le fasce adulte detentrici del risparmio ed i millennials, quindi con effetti assai diversi. Le piattaforme automatiche potranno essere di supporto all’attività del consulente finanziario su alcuni ambiti basici, come l’asset  allocation piuttosto che l’assemblaggio di portafogli modello.

Oggi il consulente valorizza la propria professionalità analizzando tutti gli asset dei propri clienti, quindi anche gli immobili, parte preponderante nel portafoglio degli italiani. Cosa propone ANASF nella formazione dei consulenti in tale ambito?

Posto che i contenuti della formazione di Anasf sono interdisciplinari, seppur con un focus sugli investimenti finanziari, previdenziali ed assicurativi anche il patrimonio immobiliare oggi più che mai fa parte della valutazione degli asset nel rapporto con il cliente e alcuni nostri seminari si occupano di ciò, soprattutto alla luce della crisi che il settore immobiliare ha avuto ed attraversa tuttora dal punto di vista reddituale, dei costi e della fiscalità.

La raccolta dei promotori finanziari è cresciuta notevolmente in questi ultimi anni, pur in un contesto di forte crisi economico-finanziaria del nostro Paese. Ciò è dovuto solo al deflusso dei risparmi dalle tradizionali banche commerciali considerate non più sicure oppure i risparmiatori hanno percepito una
reale maggior professionalità espressa dai promotori?

Sicuramente entrambi i fattori. C’è da un lato la crisi di solidità delle banche, aggravata dalla miopia di strategie commerciali in palese conflitto di interesse, unitamente all’ inadeguatezza del personale addetto alla vendita, che ha creato un clima di sfiducia di cui i consulenti finanziari si sono avvantaggiati, proprio in ragione della capacità di instaurare con il cliente rapporti fiduciari di lungo periodo. Dall’altro c’è il modello distributivo basato sui consulenti finanziari, già promotori, ad evidente vocazione consulenziale, che i risparmiatori hanno sperimentato e che sempre più verrà premiato in termini di masse in gestione e di consolidamento del rapporto professionale, soprattutto sul versante affluent e private.

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