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Market review n.23 2018

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Ci stiamo avvicinando a fine anno, momento in cui si è soliti tirare le somme in una fase certamente delicata sotto molti aspetti del contesto economico globale. Consideriamo i fatti di rilievo accaduti in questi ultimi mesi dell’anno: con un massiccio stimolo fiscale e la deregolamentazione finanziaria, l’amministrazione americana ha ridato slancio all’economia – la crescita del PIL e il salario è superiore al 3% – ma questi risultati non sono stati ottenuti senza squilibri. Con un deficit crescente,  l’amministrazione Trump si sta avvicinando a $ 1 trilioni su un orizzonte temporale di 12 mesi, un livello senza precedenti in un periodo di forte crescita, e questo sta accadendo mentre i rischi finanziari sono in aumento, in particolare per i debiti societari. Il contesto potrebbe risultare abbastanza complicato, in caso di fine del ciclo economico.
L’amministrazione Trump, dapprima focalizzata sugli squilibri commerciali,  nel corso degli ultimi mesi ha prestato maggiore attenzione ai diritti di proprietà intellettuale e tecnologia di frontiera. Obiettivo principale per gli Stati Uniti è quello di impedire alla Cina di diventare un leader nella tecnologia di frontiera. Il prossimo campo di battaglia della guerra fredda tra Stati Uniti e Cina sarà tutto sul 5G, come sembrerebbe anche dall’azione legale contro Huawei. Il 5G è una infrastruttura completamente nuova che promette connettività più veloce e ad alta densità di dispositivi. E questo spiegherebbe perché il governo degli Stati Uniti, insieme a Paesi alleati, stiano cercando di limitare questo mercato nei confronti dei fornitori cinesi.
La Cina rappresenta pur sempre il motore centrale nella crescita globale, con il 34% della crescita globale (equivalente al contributo combinato degli Stati Uniti e la zona euro), e circa il 70% della crescita della produzione manifatturiera asiatica, è il più grande paese importatore di circa 50 paesi. Di conseguenza, mai come prima è evidente che l’attenzione degli investitori si concentrerà sulla politica economica e monetaria cinese. Infine un’ultima nota sul ritorno dell’oro come un bene di importanza strategica che può essere spiegato con questi driver principali: i paesi sono alla ricerca di indipendenza politica (de-dollarizzazione), serve come copertura per attenuare i rischi legati al deficit di bilancio degli Stati Uniti, e serve come asset chiave in un periodo di maggiore diversificazione per affrontare il rischio globale superiore.
Per tornare poi a questi ultimi giorni, La Banca centrale europea ha lasciato invariati i tassi di riferimento e ha dichiarato che prevede che la politica rimarrà ai livelli attuali fino all’estate 2019. Ha inoltre confermato che entro fine anno saranno realizzati i piani per porre fine al proprio programma di quantitative easing. Il primo ministro britannico Theresa May è sopravvissuta per il momento alla sua sfida sulla leadership con il superamento della fiducia, ma in una posizione politicamente indebolita con ulteriori domande sulla Brexit.
Il governo italiano ha accettato di ridurre le previsioni sul deficit di bilancio per il prossimo anno, riducendo così il rischio di un conflitto con l’UE e ridando un po’ di respiro alle azioni e obbligazioni domestiche. Ma questo non segna affatto la fine del contenzioso sui problemi fiscali.
Guardando al futuro, ci sono dunque forti segnali di un avvio di un nuovo ciclo che sarà caratterizzato da una crescita più debole, un aumento del rischio politico, in particolare per quanto riguarda le elezioni europee 2019, un mondo più frammentato, e un lento declino degli Stati Uniti a favore della Cina. Saranno certamente questi i temi cruciali da tenere sotto osservazione il prossimo anno.

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