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Market review n.15-16 2018

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I mercati azionari sono aumentati in una settimana più tranquilla rispetto alle precedenti. I colloqui commerciali USA-Cina sono stati descritti come costruttivi e franchi, e anche se un  accordo non è ancora stato raggiunto, quantomeno sono ancora in fase di discussione. I rialzi dei tassi dovrebbero continuare come inizialmente previsto, cioè senza un aumento di ritmo nonostante la vivace economia statunitense, mantenendo un ambiente favorevole per i mercati.
Tuttavia, la Fed ha anche sottolineato che l’economia globale sarebbe a rischio se i conflitti commerciali dovessero intensificarsi. Il presidente degli Stati Uniti ha anche ripreso gli attacchi alla Fed, spingendo il dollaro USA leggermente al ribasso e i prezzi delle materie prime al rialzo.
Gli indici azionari europei hanno subito un rimbalzo prima delle discussioni commerciali tra Stati Uniti e Cina e grazie alla stabilizzazione della lira turca. Il rimbalzo del mercato azionario ha comportato una leggera contrazione delle obbligazioni dopo una quindicina di giorni di status di rifugio sicuro, ma quest’ultima settimana è stata poi caratterizzata da una vendita sul fronte dei titoli di stato di tutti i paesi dell’eurozona, spingendo i rendimenti un po’ più in alto, dopo che si era diffusa anche la notizia che la Germania stava valutando l’estensione degli aiuti finanziari alla Turchia in in preda a crisi valutaria a seguito del deterioramento delle relazioni con gli Stati Uniti.  Il Wall Street Journal ha riferito della preoccupazione dei responsabili delle politiche tedesche per gli effetti a catena del deterioramento dell’economia turca, che potrebbero potenzialmente ripercuotersi sul sistema bancario dell’eurozona. La Germania è la più influente e la più grande economia della zona euro ed è naturalmente preoccupata in particolare dagli effetti sui rischi di contagio: il rapporto del WSJ ha indicato che i funzionari tedeschi sono in discussione con le controparti turche su qualunque forma di assistenza che potrebbe essere richiesta, tuttavia le discussioni sono solo alle primissime fasi e naturalmente è possibile che queste trattative non conducano ad alcun risultato effettivo. Eppure, i rischi di contagio di natura economica o finanziaria verso altre regioni dovrebbero essere bassi. La vicinanza geografica in questo momento sembra destare le maggiori preoccupazioni circa l’impatto sull’Europa. La Turchia rappresenta infatti circa solo il 3% delle esportazioni della zona euro, pari a meno dell’1% del PIL della zona euro, secondo il FMI.  I prestiti obbligazionari turchi costituiscono solo una piccola percentuale dei prestiti bancari dell’eurozona, il comparto azionario turco poi contribuisce meno dell’1% dell’indice azionario MSCI EM.

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