Dopo una prima metà dell’anno forte, nel secondo semestre l’outlook dell’economia globale si presenta meno brillante. La prima metà del 2018 ha infatti avuto un buon inizio a livello globale, ma in tempi recenti un certo numero di potenziali fattori contrari potrebbe essere in grado di interrompere la traiettoria di crescita nella seconda metà. Potenzialmente il più dirompente di questi eventi contrari sono le politiche commerciali protezioniste guidate dagli Stati Uniti e le conseguenti rappresaglie minacciate: da un lato i dazi entrati in vigore il 6 Luglio su volumi complessivi di 34 milardi di dollari delle importazioni cinesi verso gli Stati Uniti, dall’altro la Cina prevede di tassare una quantità simile di prodotti agricoli e automobilistici degli Stati Uniti. E’, ovviamente, difficile valutare l’impatto effettivo di tutte queste misure, ma certamente la minaccia di una loro forte escalation potrebbe pesare alla lunga sui fondamentali delle società. E le ripercussioni sull’economia cinese sono preoccupanti in quanto potrebbero compromettere il ciclo di crescita globale. Pechino sta prendendo contromisure per far crescere la domanda interna, cercando di sostenere la spesa delle famiglie con un piano di stimolo fiscale.
In termini generali, il commercio globale, misurato dalla variazione anno su anno del volume complessivo delle esportazioni, ha registrato un andamento più marcato rispetto a quanto realizzato negli ultimi anni. In effetti, il commercio globale era in piena espansione all’inizio del 2018, in cui il tasso annuo di crescita delle esportazioni è passato dal 5,6% di gennaio a appena lo 0,8% di marzo, per poi risalire al 4,3% fino ad aprile. In questo contesto, il dato specifico recentemente segnato dall’industria tedesca mette in evidenza ancora una fase espansiva con i nuovi ordini in crescita del 2,6% a maggio, molto meglio rispetto al + 1,1% atteso. Dunque è appena iniziata una guerra di nervi sui mercati azionari pur partendo da presupposti di dati economici ancora solidi.
In analoghe condizioni, appare in sofferenza anche il mercato del credito di enti emittenti caratterizzati da una medio-bassa qualità del proprio rating, alla fine di maggio e all’inizio di giugno, i mercati dei titoli sovrani nel Sud Europa hanno rivissuto in parte la peggiore volatilità osservata negli anni. In Italia, i rendimenti obbligazionari dei BTP a 10 anni sono saliti al di sopra del 3%, il più alto dal 2014, poiché le preoccupazioni sulla stabilità fiscale del governo sono tornate a preoccupare i mercati obbligazionari. Queste preoccupazioni si sono in parte attenuate, ma sono ancora tutte presenti, con rendimenti attuali in Italia pari ai valori più alti ottenuti nel 2015.
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