In molti prospettano un 2018 di grande volatilità sui mercati azionari e non solo…
Allo stato attuale, la volatilità del mercato azionario è in linea con la media degli ultimi 20 anni (20%). La recente correzione dell’S&P500 ha generato volatilità, aprendo così diversi scenari di performance per il 2018 che solo qualche settimana fa erano impensabili. A mio avviso questo è dovuto al fatto che la volatilità è circa il doppio della media del 2017 (11%). Forse ci siamo abituati troppo bene durante il periodo di QE globale? Sì, questo è stato un fattore importante. Inoltre, sugli altri mercati di riferimento come il Treasury e il mercato dei cambi, la volatilità si attesta ben al di sotto delle medie storiche, facendo presagire un necessario aggiustamento nella misura in cui le banche centrali convergono verso un cambiamento di policy.
Il recente aumento dei tassi di interesse dei titoli di stato decennali, specialmente dei T Bond americani, segna la fine di una fase storica davvero unica?
Il recente aumento dei rendimenti nominali è dovuto in larga parte all’aumento dei rendimenti reali come evidenziato dai TIPS decennali: da inizio anno la real yield è salita di 36bp, cioè il 72% del rendimento nominale. Questo è uno sviluppo interessante, perché ci presenta il quadro di una economia solida, piuttosto che una economia i cui profitti sono inflazionati dai prezzi. In una economia che accelera, in cui l’apporto della politica fiscale espansiva è concentrato sull’aumento della produttività, grazie a investimenti nelle infrastrutture finanziati attraverso un modello di “public/private partnership”, è del tutto lecito prevedere anche un aumento del tasso di finanziamento reale. Per noi economisti, quest’ultimo è una funzione delle aspettative di lungo periodo sulla crescita potenziale e cioè in ultima ratio della produttività futura!
Ci attende una tornata elettorale assai complessa al termine di una campagna deludente con promesse elettorali che metterebbero a rischio i conti dello Stato. Solo promesse che non vedranno mai la luce? I mercati per ora non sembrano particolarmente preoccupati di ciò e della possibile instabilità di governo…
Lo scenario macroeconomico Italiano si avvicina molto all’anglosassone “goldilocks”. Da un lato la crescita globale sincronizzata aiuta la congiuntura interna attraverso i canali delle esportazioni e della fiducia delle imprese. Dall’altro, i rischi inerenti ai bilanci delle banche stanno diminuendo a vista d’occhio come evidenziato dall’inversione di tendenza delle sofferenze. Anche il tema delle elezioni politiche non sembra destare troppe preoccupazioni, in particolare all’estero. A livello di politica Europea sembra esserci uno spiraglio aperto: Mentre Macron è impegnato nei suoi grandi progetti di Unità Europea e Merkel tenta di trovare la quadratura del cerchio all’interno del Bundestag, il governo Italiano gode di crescita economica, inflazione in aumento e un percettibile miglioramento dei parametri fiscali. Per concludere, gli investitori esteri sono ancora largamente sottopesati sul “rischio Italia” e un ribilanciamento sarebbe molto positivo per la performance delle classi di attivo Italiane.
AXA Investment Managers è molto attenta a trovare le fonti di rendimento sostenibili nei mercati globali con un’ottica di lungo periodo. Quali saranno le strategie per il 2018?
Le strategie per il 2018 sono basate su due pilastri: Da una parte la riduzione del rischio di tasso, dall’altra l’esposizione variabile al rischio di credito e al rischio azionario. In tutto questo la gestione attiva dei portafogli è una componente importante per generare l’alpha per i nostri investitori. La view di fondo è basata in prevalenza su fondamentali solidi e al momento non ci fornisce indicazioni contrarie alla nostra asset allocation di medio periodo.