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“Una vera piazza finanziaria” Intervista a Bepi Pezzulli, Presidente del Comitato Select Milano

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Nonostante Brexit Londra cercherà di mantenere la piattaforma per la trattazione dei titoli obbligazionari e derivati della zona Euro: esiste questa possibilità? E quali chances ha Milano di essere la nuova base di questo mercato? 

La Brexit non avrà implicazioni sul mercato del reddito fisso. E’ un mercato cash che, lato govvies, è gestito col sistema delle aste; lato corporates, col sistema delle dealer quotations. Nei mercati obbligazionari le banche assumono rischio nel balance sheet, mantengono i titoli nel book, e agiscono da dealing desk. La Brexit non cambierà questa dinamica. Alcune ramificazioni verranno piuttosto Mifid 2, che introdurrà dei requisiti di trasparenza, nel tentativo di promuovere un sistema di market-making non troppo difforme dal meccanismo di matchmaking dei mercati azionari. Ben diverso, invece, il tema dei mercati sintetici.  La Commissione Ue e la Bce si sono espresse con chiarezza: spetta alla Bce l’onere di gestire rischio sistemico e stabilità finanziaria nell’Eurozona. Quindi, è altamente probabile che il mercato dell’Euroclearing migrerà da Londra per ricollocarsi all’interno della zona Euro. L’Euroclearing è la fase di liquidazione e regolamento dei derivati denominati in Euro. A breve, la riforma dell’Emir attribuirà alla Bce il potere di regolamentare l’infrastruttura di mercato europea. Con questo emendamento, per ragioni regolamentari, l’Euroclearing lascerà Londra. Il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble, ha asserito che l’Euroclearing è il prezzo per la Brexit. Non poteva essere più chiaro.

Il declino di Milano come centro finanziario negli ultimi vent’anni è comunque evidente rispetto ad altri centri: quanto questo è dipeso da eccesso di regole, da tasse penalizzanti e dalla realtà di un Paese il cui processo di riforma è sempre troppo lento? 

E’ evidente che il sistema-Italia sconta delle arretratezze strutturali: un diritto arretrato; incoerenza nell’applicazione della legge; burocrazia arbitraria ed inefficiente; sistema fiscale oneroso; costo del lavoro astronomico; corruzione diffusa; instabilità politica; la scuola. Il vero problema italiano è però la cultura che ha portato ad un mix di individualismo spinto, amoralità spicciola, familismo e disconoscimento del merito. Ad esempio, la normativa antiriciclaggio, il KYC, è condivisa a livello europeo, è lo stesso sistema di regole, ma solo in Italia Unicredit richiede 24 firme per aprire un conto individuale e 37 firme per aprire un conto societario. La modernizzazione parte dalla cultura. La riforma strutturale deve ripartire dalla prima elementare. In questo senso, è ottima l’iniziativa per l’educazione finanziaria predisposta nel DL salva risparmio. Bisogna modernizzare a marce forzate. L’Italia deve ripartire dal merito e dai bisogni.

Cosa è stato fatto finora invece di realmente rilevante per rendere finanziariamente attrattiva Milano e quali sono i passi indispensabili che ancora mancano?

Milano è l’Italia che corre, senza l’Italia che frena. Così come Hong Kong non è la Cina, Dubai non è il medio oriente, e la City non è Leeds o Birmingham, così Milano è già oggi una piazza finanziaria competitiva in Europa. Il quadro macro è attraente: sono già a regime, il decreto Pagano sull’attrazione dei cervelli; la normativa fiscale di vantaggio sui residenti non domiciliati; l’arbitro per la conciliazione finanziaria istituito presso la consob; il patent box; la cooperative compliance, e, a breve, la legge su Milano capitale finanziaria. Sul quadro micro, stiamo proponendo di consentire il listing secondario delle FTSE100 sulla borsa di Milano per far accedere il mercato GB al sistema di regolamento Target 2; un mercato dei capitali specifico per le PMI; e un sistema di qualificazioni professionali finanziarie condiviso con il Cisi di Londra. Inoltre, la cassa di compensazione e garanzia può fare il booking delle transazioni e Euro per poi rinviare il outsourcing le ops a Londra. Questo creerebbe una situazione di win-win, Pil, posti di lavoro e gettito fiscale a Milano, ricavi e profitti a Londra.

C’è in itinere una proposta di legge speciale per fare di Milano una sorta di “Città Stato”: ritiene questo un percorso realistico e attuabile?

Certamente. L’area metropolitana produce il 23% del Pil italiano; ha infrastruttura da smart city, istituzioni universitarie di livello e immobili di pregio. Milano deve evolvere in città-stato sul modello di Berlino e Amburgo. Ma, area metropolitana a statuto speciale è già un optimum. D’altra parte, tutti i distretti finanziari operano come realtà extraterritoriali: Hong Kong a economia di mercato e diritto inglese convive con la Cina comunista; il FC di Dubai governato da diritto inglese con giustizia arbitrale convive con il diritto egiziano e sacche di Sharia. La City di Londra è autonoma da 900 anni, il Lord Mayor convive con la Regina. Milano a statuto speciale deve essere il motore dello sviluppo: capitali, talento, ricerca e innovazione producono crescita e liberano risorse da impiegare per il finanziamento di politiche redistributive. A vincere è sempre il Paese.

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