Lei è un’esperta di real estate e finanza: come giudica la situazione del mercato immobiliare USA?
Il mercato immobiliare statunitense si trova in una fase di forte recupero. I prezzi adeguati all’inflazione sono in costante crescita dal 2012 e quest’anno l’Indice interno americano dei prezzi immobiliari S&P/Case-Shiller ha oltrepassato il valore massimo raggiunto nel 2006 prima della crisi finanziaria. Questo mostra che il mercato si è completamente ripreso rispetto ai valori minimi toccati durante l’esplosione della bolla immobiliare. I prezzi medi di quest’anno sono in crescita di oltre il 5%. Nel frattempo, le attività di sviluppo immobiliare hanno raggiunto il massimo ritmo dal 2007. Il numero di nuovi cantieri per costruzioni unifamiliari è cresciuto del 25% in ottobre, mentre per gli edifici condominiali è aumentato di circa il 69%, come riportato dal Ministero del Commercio. I dati macroeconomici (Crescita del PIL, tassi di disoccupazione e aumento dei posti di lavoro) insieme all’estrema attenzione della Fed nei riguardi dell’aumento dei tassi di interesse lasciano pensare che questo recupero possa protrarsi nei prossimi due anni.
D’altra parte, un rallentamento potrebbe incombere sul settore immobiliare non residenziale. Le policy sui mutui non residenziali si stanno irrigidendo. Seppure nuove leggi finanziarie stiano entrando in vigore oltre un miliardo di dollari in mutui immobiliari non residenziali matureranno nei prossimi tre anni, si nutrono preoccupazioni sulla capacità di soddisfare la richiesta. Segnali di avvertimento preoccupanti sono costituiti principalmente dall’aumento dei default sui mutui immobiliari non residenziali, dall’incremento dei tassi di interesse e dall’uscita degli emettitori di obbligazioni CMBS dalla volatilità dei mercati finanziari, il rischio e le nuove regolamentazioni. Ma una differenza rispetto al passato è che questa volta la difficoltà nell’ottenimento di finanziamenti per costruzioni ha evitato un’eccessiva offerta immobiliare ed un surriscaldamento del mercato immobiliare non residenziale.
Il recente rialzo dei tassi a medio-lungo va interpretato come un ritorno delle aspettative d’inflazione?
Si. Il recente apprezzamento del dollaro rispetto all’euro dovrebbe portare all’aumento delle esportazioni e del prezzo del carburante. Inoltre, le aspettative circa gli stanziamenti per infrastrutture e le policy di stimolazione fiscale della presidenza Trump si prevede che provochino un aumento dell’inflazione a lungo termine e dei tassi di interesse negli Stati Uniti. Il mercato sta anche scommettendo sulla probabilità di un picco dei tassi a dicembre (dato a oltre il 90%), il quale aumenterebbe la pressione sull’aumento dell’inflazione. Infine, qualora la proposta di riforme istituzionali in Italia fallisse, opzione sulla quale sembra che il mercato stia scommettendo in questo momento, con la possibilità di nuove elezioni, il rischio premium sui titoli di Stato italiani aumenterà.
Cosa si aspetta da Fed e BCE del 2017?
A questo punto appare piuttosto verosimile che la Fed aumenterà il tasso di interesse di riferimento dello 0,25% a dicembre. Nel frattempo, sebbene ciò venisse accolto favorevolmente dalla BCE, con buona probabilità ciò non risulterebbe sufficiente per rispettare l’obiettivo sul tasso d’inflazione. Con il tasso di inflazione nominale nell’Eurozona allo 0,2%, la BCE senza l’ausilio di ulteriori cambi favorevoli di policy è molto difficile che la BCE raggiunga gli obiettivi di inflazione per il 2017 e il 2018. Posto l’impegno della BCE nel raggiungimento di un tasso di inflazione inferiore ma prossimo al 2 percento nel medio termine, appare necessario che la BCE allenti le proprie politiche monetarie tagliando il tasso sui depositi ed estendendo il proprio programma di acquisizione di asset oltre marzo 2017. Un’ulteriore mossa da parte della BCE potrebbe essere quella di rilassare l’allocazione secondo il criterio capital key per i titoli di Stato, alla luce del problema della scarsità dei Bund.
L’Italia affronta una sfida fondamentale il 4 dicembre. SI attende ripercussioni anche sull’Eurozona?
I risultati referendari avranno enormi conseguenze non solo per l’Italia, ma per l’intera Unione Europea. Alcuni ipotizzano che l’impatto possa essere anche più profondo di quello del voto sulla Brexit. Se vincerà il “Sì”, le riforme costituzionali proposte faciliteranno il processo legislativo e apriranno così la strada a riforme strutturali che sono estremamente necessarie. Se invece vincerà il “No”, svariati scenari saranno possibili. Da un lato la capacità di Renzi di promuovere le riforme risulterà indebolita, mentre in un diverso scenario esisterà il rischio di dimissioni da parte dello stesso Renzi, le quali con buona probabilità porterebbero ad elezioni parlamentari anticipate con la conseguente possibilità di una vittoria del Movimento 5 Stelle. Questo scenario aprirebbe la porta ad un possibile referendum sull’appartenenza dell’Italia all’area euro, con effetti devastanti sull’euro e sui mercati finanziari.