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Market review n.02 2020

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Nel scorrere gli eventi di Gennaio il paesaggio geopolitico sembrava essersi assestato: gli Stati Uniti e la Cina hanno accettato un accordo commerciale di Fase I, mentre la vittoria del Partito conservatore alle elezioni britanniche ha contribuito a far sì che l’accordo Brexit di Boris Johnson passasse in parlamento e venisse ratificato in questi giorni in sede europea. L’uccisione del generale iraniano Soleimani il 3 gennaio ha scosso i mercati finanziari e, sebbene le tensioni si siano allentate un po’ da allora, gli eventi delle ultime settimane ci ricordano che le questioni geopolitiche possono emergere in qualsiasi momento. In questi ultimi giorni , il rischio pandemico del focolaio di virus esploso in Cina , ha preso il sopravvento sulle aspettative degli investitori.
Pur vero infatti che gli effetti di restringimento di importazioni – ad oggi dovute solo agli accordi commerciali vigenti – sono sempre accompagnati da una certa compensazione nei mercati interni: se le imprese importano meno, la spesa dei consumatori e delle imprese rimane pressoché invariata, implica che gli investimenti nelle scorte rallenteranno. A queste preoccupazioni tuttavia si aggiungono anche gli effetti di natura endemica, anche se è certamente prematuro stabilire l’entità di eventuali ulteriori difficoltà di approvvigionamento delle scorte in Cina dal momento che ad oggi che si tratta di focolai isolati e l’espansione del virus non ha ancora raggiunto il picco.
In questo contesto passando ai fondamenti, l’economia globale continua a crescere. La crescita economica in Cina e nell’Eurozona sembra essersi mantenuta stabile nel quarto trimestre del 2009, senza rallentare ulteriormente né riprendersi. I dati del Regno Unito sono stati un po’ più deboli nell’ultimo mese e indicano che la crescita economica potrebbe essere stata prossima allo zero nell’ultimo trimestre del 2019.
Il tasso di crescita annuale del PIL USA per il quarto trimestre è pari al 2,3 migliorativo sostanziale rispetto alle precedenti previsioni e dipende in larga misura da un inaspettato calo del deficit commerciale a novembre.
Il rapporto commerciale di novembre ha rivelato che, dopo un’impennata all’inizio di quest’anno, le importazioni sono diminuite per tre mesi consecutivi. Può darsi che le imprese statunitensi si siano affrettate a fare l’inventario negli Stati Uniti prima della prevista escalation della guerra commerciale con la Cina. Ma un accordo commerciale di Fase I raggiunto poco prima del previsto aumento delle tariffe sui beni di consumo aggiuntivi ha tolto tali tariffe dal tavolo, per ora, riducendo alcune delle tariffe esistenti.
Per quanto riguarda le politiche delle banche centrali in questa fase,  è possibile che la BCE ridurrà i tassi ancora una volta di 10 punti base nella sua riunione di marzo e che la Banca d’Inghilterra (BoE) mantenga invariato il suo tasso principale per il prossimo futuro. Tuttavia, se nelle prossime settimane i dati economici saranno un po’ migliorativi in Europa/debole nel Regno Unito, non ci sarebbe da sorprendersi se fosse la BoE, piuttosto che la BCE, a tagliare i tassi nella prima parte del 2020.

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